Non siamo solo numeri, né codici ATECO, e neppure avventurieri.

Siamo la spina dorsale di questo paese, siamo persone che fanno dell’equilibrismo di vita la loro principale attività quotidiana.

la “pandemia” generata a livello mondiale da un virus spaventoso che toglieva il fiato, che toglieva la vita e che ci imponeva attenzioni particolari, limitazioni alla libertà individuale e alla possibilità di lavorare come sempre.

Siamo Partite IVA, siamo cittadini che vivono in Italia e lavorano in Italia, censiti da un numero che ci inchioda ad adempimenti e a severi controlli, ma con una attività che ci piace, che ci siamo inventati, per la quale abbiamo studiato e con la quale cerchiamo dignitosamente di rispettare l’articolo N.1 della Costituzione Italiana: L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

In tutto questo periodo – quello che va da inizio marzo 2020 – noi partite iva abbiamo collaborato in silenzio seguendo con trepidazione i consigli di un CTS ( Comitato Tecnico Scientifico) non meglio identificato che avrebbe dovuto traghettarci oltre le Colonne d’Ercole di questo terribile momento: la “pandemia” generata a livello mondiale da un virus spaventoso che toglieva il fiato, che toglieva la vita e che ci imponeva attenzioni particolari, limitazioni alla libertà individuale e alla possibilità di lavorare come sempre.

Persino la semantica è cambiata: vedersi in quattro amici al bar era diventato “un assembramento”. Iniziare a farsi delle domande era diventato tutto d’un tratto “essere negazionisti”.  

Un bel cortocircuito a vederlo dopo 9 mesi: ci venivano limitate la maggior parte delle funzioni vitali, - in pratica ci veniva concesso una ora di aria e la possibilità di approvvigionamenti – ma tutto il resto era vietato, compreso la stretta di mano, l’abbraccio affettuoso e il sorriso di benvenuto ad un possibile cliente. Ci è stato spento tutto, lentamente, - anche il cervello, eccome! - eccetto la televisione, il computer, i telefonini.  Perché dovevamo essere informati, sapere esattamente come stava andando il virus (male, malissimo!) e nello stesso tempo sapere che negli altri Paesi era ancora peggio.  Dagli schermi, ogni giorno arrivavano numeri e numeri, numeri di malati, di quasi malati, di positivi al virus (in quale percentuale?), di ricoverati in ospedale, numeri di deceduti. Nei primi tre mesi ci hanno atterrito parlando di morte ogni ora, facendoci compilare certificazioni su certificazioni, tenendoci impegnati con le promesse che presto tutto sarebbe passato.

Persino la semantica è cambiata: vedersi in quattro amici al bar era diventato “un assembramento”. Iniziare a farsi delle domande era diventato tutto d’un tratto “essere negazionisti”.  Voler riaprire la propria attività per poter pagare i dipendenti e dar loro almeno parte della cassa integrazione promessa dallo Stato e mai arrivata, era uguale ad essere il killer spietato di una parte della popolazione italiana, quella più anziana e più debole, quella – tanto per intenderci – che veniva lasciata da sola in un letto di ospedale senza il conforto di una carezza e di una chiacchierata con qualche parente.

I decreti legge, le sedute parlamentari, i partiti, le opposizioni sono pian piano spariti, sostituiti da conferenze stampa televisive annunciate ad un orario e avvenute dopo attese di ore, con un unico protagonista: il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Un “one man show” che ci ha convinti che i DPCM che venivano proposti e cambiati nel giro di poche ore, senza preavviso, fossero un atto formale naturale e non un atto legislativo previsto, ma solo a certe condizioni e solo in momenti molto difficili per la nostra democrazia.

Ma ci siamo comportati tutti bene perché ci avevano promesso che ci avrebbero ricompensato con la salvezza dal virus e la salvezza dalla bancarotta.

Il brindisi e la pizza del dopo calcetto sono stati sostituiti da uscite sul terrazzo (per chi l’aveva!) , da pizze portate a casa e condivise  sui social (sui social!). Per tre mesi abbiamo fotografato qualsiasi prodezza culinaria neanche fossimo finiti tutti nella prova generale di Masterchef, mentre i cuochi, quelli veri, quelli dei ristoranti e delle trattorie, quelli dei piccoli alberghi di piccoli borghi di campagna cercavano di attirare l’attenzione facendo pubblicità sui social, cercando di esistere e inventandosi anche le consegne a domicilio.

Ma ci siamo comportati tutti bene perché ci avevano promesso che ci avrebbero ricompensato con la salvezza dal virus e la salvezza dalla bancarotta.

Bene. Anzi male. Sono passati quasi 10 mesi e siamo ancora qui. Poco è cambiato, perlomeno nel numero dei positivi al Covid – 19 (positivi non vuol dire ammalati!), mentre molto è cambiato fra le partite IVA.

Interi settori sono stati spazzati via e nei giorni a venire ve ne proporremo uno alla volta, facendo parlare i protagonisti. Più di 300mila attività hanno chiuso i battenti. La Caritas segnala che in fila per un pasto caldo alle varie mense dei Comuni, ormai fanno presenza fissa anche professionisti come avvocati e commercialisti, giovani imprenditori, giornalisti pubblicisti, signore distinte che hanno negozi di mercerie o di abbigliamento, organizzatori di eventi, maestri di ballo, personale dello spettacolo e molti, molti altri. Vengono tutti dal mondo delle partite IVA e sono coloro che fino a ieri godevano di un reddito dignitoso ed erano considerati nella fascia della media borghesia. 

I codici ATECO inoltre hanno creato delle divisioni surreali fra le varie categorie merceologiche. Alcune hanno potuto riaprire, altre no. Alcune hanno avuto ristori, inadeguati, ma li hanno avuti, altre no. Ne è scaturita una profonda spaccatura, quasi un odio fra chi ha ricevuto e chi no. E’ stato un colpo di genio magistrale quello di seminare zizzania fra i pari. Divide et impera, dicevano gli antichi romani.

Ma noi di APIT ITALIA da mesi stiamo facendo il percorso inverso per riallacciare tutti i fili delle nostre identità: al diavolo i codici ATECO. Parliamo di noi, di tutti noi. Di noi milioni di Partite IVA. 

Il futuro? Non esiste. O così vorrebbero convincerci.

Il futuro è tenerci ancora chiusi fino ad aprile. Una situazione impossibile da gestire anche perché Il 2021 vedrà oltre trenta milioni di cartelle esattoriali che andranno ad affossare le imprese superstiti.  I dati di Eurostat sono impietosi: un calo di fatturato dell’87% per gli alberghi, fiere e convegni, -222% per agenzie di viaggi e tour operator.

E’ evidente che il protocollo sanitario che prevede chiusure strettissime è inutile e non funziona.

Sono mesi che il Professor Alessandro Capucci, cardiologo di fama internazionale e Direttore del Comitato Scientifico di APIT ITALIA, è attivo sul territorio italiano con un protocollo sanitario molto semplice e decisamente meno costoso di tutte le soluzioni proposte e delle migliaia di tamponi che si fanno quotidianamente.  Il protocollo si basa sull’impiego di medici di base- adeguatamente attrezzati- che si rechino dai pazienti con sintomi, in modo da trattarli tempestivamente con uno o due medicinali (costo totale della cura completa= 18,60 euro). L’esito di migliaia di persone curate in questi mesi con questa modalità è estremamente positivo: tutti guariti dopo 7 giorni senza particolari difficoltà, zero decessi, zero in terapia intensiva, solo il 5% ha fatto un passaggio in ospedale e NON in terapia intensiva, ma per qualche controllo in più. 

Cambiare paradigma significa anche questo: prevedere come affrontare il prossimo periodo, in attesa del vaccino, senza dover azzerare le attività economiche e senza per questo affollare gli ospedali.

Cambiare paradigma significa anche cambiare l’approccio. L’approccio di APIT ITALIA è quello di condividere le idee: per questo è stato inviato un appello ai Presidenti delle Regioni affinché prendano atto che è possibile vivere e lavorare anche in presenza del COVID-19.  Attualmente il protocollo è già attivo in alcune Regioni e in ampi territori: noi di APIT ITALIA appoggiamo in pieno questo protocollo che rappresenta la soluzione concreta perché le attività produttive del Paese riaprano tutte in presenza, mentre ancora la somministrazione dei vaccini non è assicurata per tutti i cittadini.

Ma non esiste solo questa possibilità. Questo è il momento di adottare le misure che servono veramente: detassazione totale degli utili investiti, aliquota unica (10%) sul reddito d’impresa prelevato dall’imprenditore; eliminazione degli oneri accessori nelle bollette, condono fiscale, moratoria rating bancari, ricalcolo della perdita di fatturato su base annua, web tax per i colossi del digitale (dal 3 al 15%).

Sono solo una parte dei progetti che stiamo proponendo nei Consigli Regionali e al Parlamento. Uniti rappresentiamo una popolosa Galassia dell’Universo Lavoro.

Se sei arrivato fin qui, unisciti a noi. Accetta di ricevere le nostre newsletter e iscriviti ad APIT ITALIA e scrivici. Qui troverai persone con le tue stesse aspirazioni e i tuoi stessi problemi. Insieme possiamo far cambiare le nostre attuali condizioni, insieme possiamo far sentire sempre meglio la nostra voce.

APIT NEWS non è la solita voce fuori dal coro.

APIT NEWS è la voce del coro, di un coro sempre più numeroso e potente che si è stancato di tacere.

 CONDIVIDI
CONTATTI
mail: info@apititalia.it
Scrivici in Whatsapp 
APIT - ITALIA
Associazione Partite Iva 
del Territorio - Italia
Sede: Via dei Platani, 40
52100 Arezzo
C.F.  92093320510
PRIVACY POLICYCOOKIES POLICY

Iscriviti alla Newsletter
di APIT News

Tutti i diritti riservati© - 2021-2024
closefacebook-squarelinkedin-squarebarsangle-double-upyoutube-playwhatsappbookchevron-down

Su questo sito web utilizziamo strumenti proprietari o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente utilizzati per consentire il corretto funzionamento del sito (cookie tecnici), per generare report sull'utilizzo della navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi / prodotti (cookie di profilazione). Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai facoltà di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un'esperienza migliore. Cookie policy